Art. 3 della Costituzione Italiana: "E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all''organizzazione politica, economica e sociale del Paese"
Esiste dunque un diritto costituzionale all'accessibilità.
Ciò nonostante è solo dal 1967 che, in Italia, si inizia a dibattere sul tema grazie all'emanazione di due circolari - n. 425/67 e n. 4809/68, entrambe del Ministero LL.PP. - in cui si parla esplicitamente di barriere architettoniche.
Sono disposizioni che riguardano solo edifici sociali, cioè pubblici e di uso pubblico, ma finalmente si affronta un tema di cui si avvertiva la necessità, ma che appariva complesso anche per le sue implicazioni di ordine culturale.
Una svolta decisiva giunge con la L. 118/1971, che dispone a favore di mutilati ed invalidi civili, ad ampia a dismisura il raggio d'azione dei precedenti provvedimenti. Ad esempio, prevede che:
Dopo ben sette anni viene emanato il suo decreto attuativo, il DPR 384/78, contenente prescrizioni tecniche. Sia pur con lentezza, il lavoro fatto è buono ed il decreto, che approfondisce i contenuti della legge 118, inquadra il problema delle barriere proprio nel senso dell'art. 3 della Costituzione, come ostacoli materiali alla possibilità di agire, di muoversi e di partecipare alla vita sociale da parte delle persone disabili.
Con la legge 118/71 e il DPR 384/78, il legislatore mostra una maggiore sensibilità rispetto alla cultura del tempo, e questa probabilmente è la causa di una sostanziale "stagnazione" di questo provvedimento, o completamente ignorato o seguito alla lettera solo per alcuni aspetti.
La legge 118 non prevedeva sanzioni e questo, unitamente all'assenza di interventi sul patrimonio edilizio nuovo o esistente e alla mancanza di finanziamenti, non aiutò ad applicarla.
I finanziamenti arrivano finalmente nel 1986.
In quell'anno, infatti, per risvegliare l'attenzione sul tema dei progettisti e delle Amministrazioni pubbliche, alcuni commi di un articolo della legge finanziaria (n. 41/1986) ribadiscono che gli edifici pubblici devono essere accessibili, e che le opere non a norma non possono beneficiare di alcun finanziamento pubblico.
Questa legge stabilisce inoltre che ogni Comune rediga un Piano di Eliminazione delle Barriere Architettoniche (il PEBA), finanziato con un fondo speciale stanziato presso il Ministero dei LL. PP. e con la possibilità di accedere a mutui della Cassa Depositi e Prestiti;
Oggi purtroppo il finanziamento dei PEBA è scomparso dal bilancio statale.
Progettisti ed addetti ai lavori sono ancora scarsamente preparati, e dopo questa legge si assiste solo a qualche sporadico intervento. Ma il processo di maturazione culturale è ormai avviato e, grazie ad un dibattito sul tema sempre più vivo e all'esempio di altri Paesi europei, nel 1989 si giunge all'emanazione della Legge 13 per il "superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati", seguita dal suo decreto tecnico, il D.M. n. 236, pubblicato a soli sei mesi di distanza.
Due provvedimenti importanti e di tutto rispetto, per certi aspetti rivoluzionari rispetto al tradizionale modo di intendere il problema. Da un lato, la Legge 13 pone al centro degli interessi del legislatore il concetto di solidarietà sociale al di sopra degli interessi privati (si veda ad esempio cosa stabilisce per gli interventi condominiali, che la persona disabile può compiere a proprie spese anche contro il parere assembleare), dall'altro il d.m. 236 introduce i concetti di accessibilità, visitabilità e adattabilità, ampliando quello di barriera architettonica agli ambiti della sicurezza, della comodità d'uso e della fruibilità.
Stabilisce inoltre:
Un aspetto molto interessante di tali provvedimenti, ad oggi vigenti, risiede nel loro carattere prestazionale. La norma infatti descrive i requisiti che l'oggetto d'intervento deve avere e indica una possibile strada per garantirli, ma dà modo al progettista di ideare soluzioni alternative nel rispetto di tale prestazione, ovviando così alla grande varietà di problemi e situazioni reali non facilmente schematizzabili.
Dopo il DM 236/89, il tema della accessibilità è ripreso dalla Legge Quadro sull'Handicap, L. 104/92, che inquadra i principi generali della materia nell'ottica dei diritti del disabile.
In tale legge quadro numerosi sono gli articoli che affrontano il problema dell'accessibilità.
In particolare l'art. 24 "Eliminazione e superamento delle barriere architettoniche":
Altro provvedimento importante è il DPR 503/1996, frutto di un lungo lavoro di preparazione, che sostituisce, abrogandolo, il Dpr 384/78, disciplinando la materia relativamente agli edifici pubblici e a quelli privati aperti al pubblico.
Per sintetizzare, allo stato attuale la norma in materia di barriere architettoniche prevede:
Tipo di intervento |
Obblighi normativi |
NUOVA EDIFICAZIONE |
Adeguamento alla norma |
RISTRUTTURAZIONE |
Adeguamento alla norma |
MANUTENZIONE STRAORDINARIA |
Adeguamento alla norma
|
Quindi: